Mi sono ritrovato qualche giorno fa a dare ripetizioni di greco una tantum ad una ragazzina di primo liceo per un'interrogazione imminente. Nonostante non dessi ripetizioni da circa quattro anni, mi ha comunque stupito la difficoltà che ho trovato davanti ad una semplice versione di liceo. Ho avuto dubbi e tentennamenti nella traduzione i quali, anche se probabilmente non percepiti distintamente dalla ragazzina, non hanno certo giovato a chiarire le perplessità per cui si era rivolta a me (e lasciamo perdere la discutibile volontà di prendere una sola lezione di un paio d'ore per preparare un'interrogazione). Non ero proprio arruginito: durante l'estate avevo preparato ben due esami, Letteratura Greca LM e Storia della Lingua Greca, entrambi risolti con 30 (il secondo con lode). Dunque? Qual è il bug? Sono in difetto io, o anche il sistema d'insegnamento ha qualche responsabilità? Facendo due calcoli, sono circa 13 anni che ho a che fare con il greco (e latino). Ammettendo che il mio studio è stato discontinuo e che gli anni d'università hanno avuto diversi rallentamenti, non si capisce comunque perché uno studente "modello" come me (media dell'8/9 in greco e latino per tutti gli anni di ginnasio e liceo, nonché laurea triennale conseguita con 110 e lode) sia arrivato ad un livello piuttosto avanzato senza essere in grado di leggere in maniera sciolta un qualsiasi testo scritto in una lingua antica, come al contrario succede ad esempio con l'inglese. Sono ormai abbastanza convinto che esista una sorta di tabù tra gli aspiranti filologi: ovvero, nessuno (o quasi) possiede questa capacità, ma evita accuratamente di rivelarlo. Si vive così in uno stato di ipocrisia reciproca, in cui tutti fanno finta di sapere leggere all'impronta ma nessuno si espone. D'altro canto, gli stessi professori non danno grandi prove di questo, né tantomeno allenano in questo senso. Per quanto mi riguarda, riesco a cogliere il senso generale e ad individuare gran parte delle relazioni morfosintattiche tra le parole, ma il mio vocabolario vacilla e parecchi nodi mi rimangono oscuri finché non li esamino uno ad uno in profondità con il dizionario. Per quante responsabilità io possa avere dunque, è indubbio che c'è qualcosa nel sistema d'insegnamento che proprio non va, e questo mi fa incazzare moltissimo. È probabile che uno dei problemi risieda nell'ingessamento di queste lingue, trasmesse non come un materiale "vivo", ma piuttosto come un relitto museale da analizzare al microscopio. In un certo senso è la stessa mente che si rifiuta di adattarsi a delle strutture così rigide. Ci insegnano ad essere dipendenti dal dizionario e in un certo senso non lo utilizziamo più come uno strumento d'ausilio, ma come un oracolo. È un appendice stessa della nostra mente. Quando dobbiamo preparare un esame, ci viene dato da tradurre un testo coadiuvandoci con una traduzione autorevole. Per quanto io possa tradurre tutto di mio pugno, e poi confrontare la mia traduzione con quella di riferimento, avrò imparato molto bene QUEL testo, ma non sarò ancora in grado di scioglierne rapidamente un altro, se non con lo stesso approccio "museale". Insomma, conosciamo infiniti dettagli ma ci manca un senso generale, e questa è una cosa stupida ed assurda. Ormai sto cominciando a smettere di sentirmi in colpa per questa mia mancanza (e questo è UNO DEI MOTIVI PRINCIPALI per cui ho sofferto di grande disagio e depressione, cosa che ha reso confusa la mia vita e mi ha spinto nella zona fuori-corso). La colpa è dell'organizzazione stessa dell'università, ormai un colabrodo senza molte speranze. Avere buoni professori non basta, se non sono messi in condizione di poter operare bene. Fatto il passo della comprensione della mia sostanziale innocenza (o perlomeno del ridimensionamento delle mie responsabilità), non resta che rimboccarsi tristemente le maniche e ricominciare con il DIY. Ecco quindi che ho ripreso in mano la grammatica del ginnasio, La lingua greca di Sabrina Giannicchi e Luisa Rossi, edito nel 1998 per le edizioni Capitello di Torino. Sono andato a cercare su internet la casa editrice: esiste ancora, ma il libro non sembra essere stato ristampato oltre qualche anno. Per quanto riguarda le due autrici invece, non ci sono molte informazioni. La Giannicchi sembra essere una professoressa ancora in attività in un liceo di Torino. Su Luisa Rossi non ho trovato nulla. Può sembrare irrilevante, ma la fidelizzazione con un libro e la conoscenza della sua storia e di quella dei suoi autori sono fondamentali per un apprendimento che sia vero, e non sterile erudizione. Con un libro che ti entra veramente dentro, anche se è solo un manuale, ci si instaura un vero e proprio dialogo, un botta e risposta che può (e deve) portare oltre, alla ricerca di altri libri attraverso nuove domande. Per tutto il liceo nessuno mi aveva mai insegnato questo tipo di cura e di amore. Ed ecco che devo recuperare ora, a 27 anni, con il mio manuale di lingua greca, discreto e quasi anonimo, scritto da due autrici semisconosciute.
venerdì 28 ottobre 2011
lunedì 29 agosto 2011
Idiozia della religione I
Xenophan. 11. 2 D.-K. πάντα θεοῖσ᾽ ἀνέθηκαν Ὅμηερός θ᾽ Ἡσίοδός τε, ὅσσα παρ᾽ ἀνθρώποισιν όνείδεα καὶ ψόγος έστίν, κλέπτειν μοιχεύειν τε καὶ ἀλλήλους άπατεύειν
venerdì 22 aprile 2011
Antichità postmoderna
Quando scelsi di iscrivermi alla facoltà di Lettere Classiche di Tor Vergata in Roma ero poco più che un'adolescente, ma la mia sostanziale visione del mondo, da allora, non è cambiata poi di molto. È più corretto dire che a Tor Vergata non esiste una vera e propria facoltà di Lettere Classiche: nell'anno accademico 2003/2004 infatti ci si poteva iscrivere genericamente alla laurea breve in Lettere e poi si poteva scegliere tra vari curricula, alcuni dei quali di indirizzo antichistico. Il mio curriculum si chiamava Cultura Moderna e Tradizione Classica, un indirizzo sospeso a metà tra l'antico e moderno, meno settoriale di quello strettamente filologico. Ho impiegato più del doppio del tempo per conseguire la laurea triennale, lacerato e diviso com'ero tra mille fuochi, frustrazioni e spinte spirituali, e nel corso degli anni ho cambiato quel curriculum con uno individuale, che però è rimasto molto simile nella sostanza. Ciò che più ho sofferto in quei turbolenti anni è stato il distacco dalla realtà e l'aridità che sembra permeare buona parte degli adepti a questa disciplina. Premesso che non ho mai sopportato i valori dominanti di questo tempo tristemente mercantile e la concezione estremamente specialistica dei mestieri (essenzialmente funzionale alla divisione dei compiti richiesta dalla complessità del nostro sistema, che per sussistere ha bisogno di specialisti pronti a rispondere alle domande di una catena di dipendenze sempre più lontane dai bisogni autentici dell'uomo), e avendo considerato che la mia anima è sempre stata troppo irrequieta per fossilizzarsi su un solo tipo di studio, votata com'è alla creatività espressiva (che ciò sia avvenuto attraverso un'attitudine punk alla musica è solo un caso, determinato dall'humus culturale in cui sono cresciuto), ho dovuto affrontare una continua altalena di amore/odio per la materia oggetto del percorso intrapreso, continuando a domandarmi perché fossi lì, perché altri ragazzi fossero lì insieme a me e che cosa ci stavano insegnando. Attraverso molto tempo e lungo lavoro sono riuscito a trovare un mio equilibrio interno, ancora non del tutto saldo, ma certo più sereno di anni fa. Da qualche mese, a 27 anni, mi sono iscritto alla laurea Magistrale. Lasciamo perdere tutte le vicende che stanno portando il reparto di Filologia di Tor Vergata alla scomparsa (il corso di laurea in cui mi sono immatricolato è un'interclasse con Archeologia, attiva da qualche anno); ciò che più mi interessa è, oltre che redigere un blog per continuare quell'opera di personale ordine interno iniziata ormai da anni, interiorizzare veramente nello spirito la letteratura che mi capita sotto mano. Un blog è solo uno strumento come un altro, fornito dai tempi, per entrare in contatto con altre persone e generare una discussione. Non importa se ciò avverrà effettivamente o meno, se abbandonerò il blog dopo pochi post o meno. Tutto questo ha già un sua grossa funzione anche solo per me.
Uscito dal Liceo Classico (il Mariano Buratti di Viterbo), ciò che volevo fare era arricchirmi il più possibile spiritualmente (ciò si traduce in acquisire cultura) e creare a mia volta una visione del mondo coerente e complessa. Banalmente, nihil humanum mihi alienum puto. Non ho mai sopportato la sterile critica fine a se stessa. La mia forma espressiva prediletta era già da molto tempo l'attitudine punk alla musica per le sue virtù dissacranti, dirette ed immediate. In un mondo che mi appariva come una macchina priva di significato, alimentata da una cultura meschina di servilismo e di bassezze di ogni genere (visione che non ho abbandonato, sebbene stemperata ed arricchita con l'esperienza di una serie molto più profonda di sfumature), il punk doveva restare per sua stessa natura scevro da qualsiasi preoccupazione di carattere lavorativo ed economico, ma avrei avuto bisogno di continuo fuoco spirituale per alimentarlo. Per questo scelsi di approfondire le antiche letterature d'Occidente, non solo per risalire alle radici di questa Civilità, ormai infestata da metastasi tumorali senza rimedio, ed attingere così all'immenso bagaglio spirituale di cui erano portatrici, ma anche per un mero calcolo di spendibilità sul mercato, tra tante lauree "inutili" (unico compromesso concesso al becero sistema-mercato), e per combattere la mia forma di resistenza attraverso un possibile futuro ruolo d'insegnamento (per quanto io stesso metta in dubbio l'utilità stessa di un sistema tale di insegnamento). Molto di quello che ritengo più prezioso lo devo infatti ad alcuni professori particolarmente illuminati, per i quali la propria materia era per prima cosa un mezzo per insegnare la vita, piuttosto che un serbatoio di erudizione fine a se stesso. In sostanza: utilizzare questo tipo di cultura per accendere il pensiero critico come resistenza all'omologazione devastante del Potere.
Ecco, avevo bisogno di chiarire a me stesso queste ragioni. Non importa che a qualcuno interessi o meno.
Ecco, avevo bisogno di chiarire a me stesso queste ragioni. Non importa che a qualcuno interessi o meno.
Archiloco, fr.1 West
M. L. West, Iambi et elegi Graeci ante Alexandrum cantati, I-II, Oxonii 1971-72, fr. 1:
καὶ Μουσέων ἐρατὸν δῶρον ἐπιστάμενος
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