Quando scelsi di iscrivermi alla facoltà di Lettere Classiche di Tor Vergata in Roma ero poco più che un'adolescente, ma la mia sostanziale visione del mondo, da allora, non è cambiata poi di molto. È più corretto dire che a Tor Vergata non esiste una vera e propria facoltà di Lettere Classiche: nell'anno accademico 2003/2004 infatti ci si poteva iscrivere genericamente alla laurea breve in Lettere e poi si poteva scegliere tra vari curricula, alcuni dei quali di indirizzo antichistico. Il mio curriculum si chiamava Cultura Moderna e Tradizione Classica, un indirizzo sospeso a metà tra l'antico e moderno, meno settoriale di quello strettamente filologico. Ho impiegato più del doppio del tempo per conseguire la laurea triennale, lacerato e diviso com'ero tra mille fuochi, frustrazioni e spinte spirituali, e nel corso degli anni ho cambiato quel curriculum con uno individuale, che però è rimasto molto simile nella sostanza. Ciò che più ho sofferto in quei turbolenti anni è stato il distacco dalla realtà e l'aridità che sembra permeare buona parte degli adepti a questa disciplina. Premesso che non ho mai sopportato i valori dominanti di questo tempo tristemente mercantile e la concezione estremamente specialistica dei mestieri (essenzialmente funzionale alla divisione dei compiti richiesta dalla complessità del nostro sistema, che per sussistere ha bisogno di specialisti pronti a rispondere alle domande di una catena di dipendenze sempre più lontane dai bisogni autentici dell'uomo), e avendo considerato che la mia anima è sempre stata troppo irrequieta per fossilizzarsi su un solo tipo di studio, votata com'è alla creatività espressiva (che ciò sia avvenuto attraverso un'attitudine punk alla musica è solo un caso, determinato dall'humus culturale in cui sono cresciuto), ho dovuto affrontare una continua altalena di amore/odio per la materia oggetto del percorso intrapreso, continuando a domandarmi perché fossi lì, perché altri ragazzi fossero lì insieme a me e che cosa ci stavano insegnando. Attraverso molto tempo e lungo lavoro sono riuscito a trovare un mio equilibrio interno, ancora non del tutto saldo, ma certo più sereno di anni fa. Da qualche mese, a 27 anni, mi sono iscritto alla laurea Magistrale. Lasciamo perdere tutte le vicende che stanno portando il reparto di Filologia di Tor Vergata alla scomparsa (il corso di laurea in cui mi sono immatricolato è un'interclasse con Archeologia, attiva da qualche anno); ciò che più mi interessa è, oltre che redigere un blog per continuare quell'opera di personale ordine interno iniziata ormai da anni, interiorizzare veramente nello spirito la letteratura che mi capita sotto mano. Un blog è solo uno strumento come un altro, fornito dai tempi, per entrare in contatto con altre persone e generare una discussione. Non importa se ciò avverrà effettivamente o meno, se abbandonerò il blog dopo pochi post o meno. Tutto questo ha già un sua grossa funzione anche solo per me.
Uscito dal Liceo Classico (il Mariano Buratti di Viterbo), ciò che volevo fare era arricchirmi il più possibile spiritualmente (ciò si traduce in acquisire cultura) e creare a mia volta una visione del mondo coerente e complessa. Banalmente, nihil humanum mihi alienum puto. Non ho mai sopportato la sterile critica fine a se stessa. La mia forma espressiva prediletta era già da molto tempo l'attitudine punk alla musica per le sue virtù dissacranti, dirette ed immediate. In un mondo che mi appariva come una macchina priva di significato, alimentata da una cultura meschina di servilismo e di bassezze di ogni genere (visione che non ho abbandonato, sebbene stemperata ed arricchita con l'esperienza di una serie molto più profonda di sfumature), il punk doveva restare per sua stessa natura scevro da qualsiasi preoccupazione di carattere lavorativo ed economico, ma avrei avuto bisogno di continuo fuoco spirituale per alimentarlo. Per questo scelsi di approfondire le antiche letterature d'Occidente, non solo per risalire alle radici di questa Civilità, ormai infestata da metastasi tumorali senza rimedio, ed attingere così all'immenso bagaglio spirituale di cui erano portatrici, ma anche per un mero calcolo di spendibilità sul mercato, tra tante lauree "inutili" (unico compromesso concesso al becero sistema-mercato), e per combattere la mia forma di resistenza attraverso un possibile futuro ruolo d'insegnamento (per quanto io stesso metta in dubbio l'utilità stessa di un sistema tale di insegnamento). Molto di quello che ritengo più prezioso lo devo infatti ad alcuni professori particolarmente illuminati, per i quali la propria materia era per prima cosa un mezzo per insegnare la vita, piuttosto che un serbatoio di erudizione fine a se stesso. In sostanza: utilizzare questo tipo di cultura per accendere il pensiero critico come resistenza all'omologazione devastante del Potere.
Ecco, avevo bisogno di chiarire a me stesso queste ragioni. Non importa che a qualcuno interessi o meno.
Ecco, avevo bisogno di chiarire a me stesso queste ragioni. Non importa che a qualcuno interessi o meno.