venerdì 28 ottobre 2011

Il bug delle lingue antiche

Mi sono ritrovato qualche giorno fa a dare ripetizioni di greco una tantum ad una ragazzina di primo liceo per un'interrogazione imminente. Nonostante non dessi ripetizioni da circa quattro anni, mi ha comunque stupito la difficoltà che ho trovato davanti ad una semplice versione di liceo. Ho avuto dubbi e tentennamenti nella traduzione i quali, anche se probabilmente non percepiti distintamente dalla ragazzina, non hanno certo giovato a chiarire le perplessità per cui si era rivolta a me (e lasciamo perdere la discutibile volontà di prendere una sola lezione di un paio d'ore per preparare un'interrogazione). Non ero proprio arruginito: durante l'estate avevo preparato ben due esami, Letteratura Greca LM e Storia della Lingua Greca, entrambi risolti con 30 (il secondo con lode). Dunque? Qual è il bug? Sono in difetto io, o anche il sistema d'insegnamento ha qualche responsabilità? Facendo due calcoli, sono circa 13 anni che ho a che fare con il greco (e latino). Ammettendo che il mio studio è stato discontinuo e che gli anni d'università hanno avuto diversi rallentamenti, non si capisce comunque perché uno studente "modello" come me (media dell'8/9 in greco e latino per tutti gli anni di ginnasio e liceo, nonché laurea triennale conseguita con 110 e lode) sia arrivato ad un livello piuttosto avanzato senza essere in grado di leggere in maniera sciolta un qualsiasi testo scritto in una lingua antica, come al contrario succede ad esempio con l'inglese. Sono ormai abbastanza convinto che esista una sorta di tabù tra gli aspiranti filologi: ovvero, nessuno (o quasi) possiede questa capacità, ma evita accuratamente di rivelarlo. Si vive così in uno stato di ipocrisia reciproca, in cui tutti fanno finta di sapere leggere all'impronta ma nessuno si espone. D'altro canto, gli stessi professori non danno grandi prove di questo, né tantomeno allenano in questo senso. Per quanto mi riguarda, riesco a cogliere il senso generale e ad individuare gran parte delle relazioni morfosintattiche tra le parole, ma il mio vocabolario vacilla e parecchi nodi mi rimangono oscuri finché non li esamino uno ad uno in profondità con il dizionario. Per quante responsabilità io possa avere dunque, è indubbio che c'è qualcosa nel sistema d'insegnamento che proprio non va, e questo mi fa incazzare moltissimo. È probabile che uno dei problemi risieda nell'ingessamento di queste lingue, trasmesse non come un materiale "vivo", ma piuttosto come un relitto museale da analizzare al microscopio. In un certo senso è la stessa mente che si rifiuta di adattarsi a delle strutture così rigide. Ci insegnano ad essere dipendenti dal dizionario e in un certo senso non lo utilizziamo più come uno strumento d'ausilio, ma come un oracolo. È un appendice stessa della nostra mente. Quando dobbiamo preparare un esame, ci viene dato da tradurre un testo coadiuvandoci con una traduzione autorevole. Per quanto io possa tradurre tutto di mio pugno, e poi confrontare la mia traduzione con quella di riferimento, avrò imparato molto bene QUEL testo, ma non sarò ancora in grado di scioglierne rapidamente un altro, se non con lo stesso approccio "museale". Insomma, conosciamo infiniti dettagli ma ci manca un senso generale, e questa è una cosa stupida ed assurda. Ormai sto cominciando a smettere di sentirmi in colpa per questa mia mancanza (e questo è UNO DEI MOTIVI PRINCIPALI per cui ho sofferto di grande disagio e depressione, cosa che ha reso confusa la mia vita e mi ha spinto nella zona fuori-corso). La colpa è dell'organizzazione stessa dell'università, ormai un colabrodo senza molte speranze. Avere buoni professori non basta, se non sono messi in condizione di poter operare bene. Fatto il passo della comprensione della mia sostanziale innocenza (o perlomeno del ridimensionamento delle mie responsabilità), non resta che rimboccarsi tristemente le maniche e ricominciare con il DIY. Ecco quindi che ho ripreso in mano la grammatica del ginnasio, La lingua greca di Sabrina Giannicchi e Luisa Rossi, edito nel 1998 per le edizioni Capitello di Torino. Sono andato a cercare su internet la casa editrice: esiste ancora, ma il libro non sembra essere stato ristampato oltre qualche anno. Per quanto riguarda le due autrici invece, non ci sono molte informazioni. La Giannicchi sembra essere una professoressa ancora in attività in un liceo di Torino. Su Luisa Rossi non ho trovato nulla. Può sembrare irrilevante, ma la fidelizzazione con un libro e la conoscenza della sua storia e di quella dei suoi autori sono fondamentali per un apprendimento che sia vero, e non sterile erudizione. Con un libro che ti entra veramente dentro, anche se è solo un manuale, ci si instaura un vero e proprio dialogo, un botta e risposta che può (e deve) portare oltre, alla ricerca di altri libri attraverso nuove domande. Per tutto il liceo nessuno mi aveva mai insegnato questo tipo di cura e di amore. Ed ecco che devo recuperare ora, a 27 anni, con il mio manuale di lingua greca, discreto e quasi anonimo, scritto da due autrici semisconosciute.